Strategie e tattiche per far crescere il tuo eCommerce

In questo articolo approfondiremo insieme spunti e strategie pratiche mirate alla crescita degli eCommerce e, più in generale dei siti web. Avrai l’opportunità di comprendere come affrontare nel concreto le sfide del digital marketing nel corso dell’anno.
Analizzeremo diverse aree, a partire da alcuni temi inerenti la SEO, ADV e Marketing Automation, oltre che Customer Value Optimization.

Iniziamo con due temi fondamentali per un eCommerce che vuole crescere o quando meno non perdere quote di mercato nel 2024.
Il primo argomento riguarda l’ADV e i tre elementi fondamentali per un eCommerce che vuole quindi vendere online tramite campagne paid: il Feed, il Merchant Center (ovvero la piattaforma di Google che ci permettere di gestire il Feed) e le Campagne Performance Max e Demand Gen.

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Strategie Avanzate per Massimizzare la Crescita con l’Advertising Digitale

Partiamo con l’analizzare i prodotti del Feed, che chiaramente si compongono di titolo e descrizione, elementi fondamentali per far capire a Google che si tratta di elementi pertinenti e quindi dovrebbero includere determinate informazioni sul tuo prodotto, ovvero tutto ciò che può essere utile a specificarne le caratteristiche, ad esempio per quanto riguarda il settore del fashion sarebbe bene includere taglia, colore e possibilmente il materiale; meglio all’interno del titolo o almeno all’inizio della descrizione.

Altri elementi importantissimi sono il Price e il Sale Price, i due attributi del feed necessari quando si vuole evidenziare uno sconto. Infatti se il Sale Price è inferiore al Price, Google applica un’etichetta alla scheda per renderla più accattivante, oltre a mostrare il prezzo barrato.

Il prossimo attributo di cui parliamo sono le etichette perché non sempre vengono utilizzate. Aiutano molto il lavoro del marketer per strutturare ina strategia ma anche per migliorare l’efficienza delle campagne se applicate con senso logico di segmentazione delle campagne. Ne abbiamo 5 tipologie.

Infine è buona norma considerare il GTIN e assegnare la Google Product Category più specifica possibile, per aiutare Google a individuare il prodotto che si sta passando all’interno del feed.

Parlando invece di sezione Promo del Merchant, questa serve a far capire all’utente che stiamo offrendo una grossa possibilità di risparmio inserendo il prodotto in questa sezione, che si trova nella parte “Markerting” del menu a sinistra nel Merchant.
Vi vogliamo fornire alcuni consigli:

  • Usare un titolo descrittivo, ma attenzione a non essere eccessivamente generici.
  • Utilizzare le regole del Merchant per creare l’attributo di promozione specifico per i prodotti oggetto di promo. Potreste usare questa sezione per spingere i coupon, per fare in modo di dare visibilità all’utente in merito a questa promozione prima di entrare sul sito.

Veniamo ora alle nostre campagne ADV. Qui abbiamo le Performance Max e Demand Gen e come molti di voi sapranno, Google lo scorso anno ha lanciato queste nuove campagne che vanno a sostituire Shopping e Discovery. Questo ha provocato il malcontento di tanti marketer perché ha creato una sorta di blackbox che va a nascondere i posizionamenti keyword facendo perdere un po’ di controllo. Grazie però a degli script ed alcune tecniche è possibile riuscire a riprendere questo controllo e far performare le campagne come in precedenza, se non meglio. 

Ecco alcuni consigli su come sfruttare a nostro vantaggio le caratteristiche di queste due campagne, ma prima una brevissima introduzione sulle Demand Gen perché rappresentano un po’ una novità. L’obiettivo di questa tipologia di campagna è quello di catturare l’attenzione di persone interessate ai nostri prodotti sfruttando un bacino di oltre tre miliardi di utenti, targettizzando (grazie alle Google Audinces, ai nostri dati e pubblici simili). 

Un consiglio è quello di testare diverse combinazioni di asset: con immagini, con video, senza video ma con le immagini oppure senza asset; a seconda anche delle strategie che volete adottare.

Riguardo invece le Demand Gen e parlando di eCommerce ci riferiamo a quelle con feed prodotti, il consiglio è quello di testarle su quei prodotti che hanno sconti, promozioni, da lanciare magari almeno una o due settimane prima che parta la promo, perché avremo di sicuro delle PMax attive sul nostro account, e queste vanno a lavorare anche il retargeting e quindi andremo a sfruttare il traffico portato in precedenza dalle nostre campagne Demand Gen. Oppure possono essere utilizzate per spingere dei prodotti che stanno per entrare in trend. E dunque, come scoprire se un prodotto è in trend? Potete scoprirlo analizzando lo storico, oppure usando strumenti di intelligenza artificiale come Nut, che addirittura offre una previsione dei temi che entreranno in trend nel prossimo futuro.

Parlando invece di segmentazione delle campagne, un primo esempio di segmentazione è legato a vendite e stagionalità. Quindi tutto parte da un’analisi di performance, andare ad individuare i prodotti che performano meglio e che hanno un buon roas, oppure individuare prodotti di stagione, ma che non stanno ricevendo visibilità. Dargliene aiuterà sicuro la rotazione catalogo e potreste trovare qualche gemma nascosta.  Un’alternativa, invece di segmentazione un pochettino più semplice (e qua dipende anche da quanto budget avete disposizione) ma comunque è molto efficace è quella di individuare due macro  tipologie di prodotti: i più venduti, i top e i prodotti civetta (che ci servono per attrarre l’utente perché hanno un ottimo prezzo). Infine utilizzate delle etichette personalizzate per identificarli.

Massimizzare il Potenziale dell’eCommerce: Strategie di Ottimizzazione del Valore Cliente

Vediamo ora alcuni suggerimenti per aumentare il valore portato da questi clienti ottenuti attraverso la Customer Value Optimization, cioè tecniche per aumentare il Customer Lifetime Value. In questo caso si tratta di un tema che ogni anno diventa sempre più importante perché stiamo perdendo il controllo su dati di terze parti, oppure per tutto il discorso sui cookie, e quindi è fondamentale focalizzarsi in modo strutturato sui dati di prima parte.

La Customer Value Optimization è importante perché ci consente di spostare il focus da una visione solo transazionale a relazionale, massimizzando il valore nel tempo del cliente dato dalla sua relazione con l’azienda. È quindi un processo strategico continuo, volto al miglioramento del CLV, attraverso l’analisi e l’ottimizzazione di:

  • Customer Experience
  • Strategie di Acquisizione
  • Strategie di Retention

Al centro di tutto c’è una questione: cosa succede ad un cliente eCommerce dopo la fase di acquisizione?

Partendo da una situazione ottimale in cui abbiamo fatto campagne, Demand Gen, ottenuto contatti e raggiunto quindi nuovi clienti, abbiamo avuto un CPA valido e un ROAS valido.

Cosa succede al cliente acquisito ora?

Ci si può focalizzare su ROAS o su CLV. Scegliere di mettere il focus sulla seconda opzione significa non cercare un cliente qualunque, occasionale, ma vogliamo creare una relazione a lungo termine con il nostro cliente. Cambia anche la metrica di riferimento, per cui spostare il focus dal breve periodo al medio-lungo termine cambia completamente le cose.

Se analizziamo bene la definizione di Customer Lifetima Value, ovvero “Entrate totali che un’azienda può ragionevolmente aspettarsi da un singolo account cliente durante la relazione commerciale” (Hubspot)
ci risulterà più facile capire quali possono essere i vantaggi per il 2024 se lo introduciamo nella nostra strategia. Tra questi citiamo:

  • Previsione di profittabilità nel lungo periodo
  • Efficacia di campagne e iniziative (es. Black Friday)
  • Avere chiarezza su un periodo medio-lungo dopo il quale un determinato cliente viene perso

Questo ultimo punto è fondamentale anche nella fase di partenza del calcolo del CLV, ovvero quando consideriamo il concetto di Lapse Point, ovvero quando dovremmo iniziare a considerare un cliente come “perso”.

E qui c’è un’immagine che noi utilizziamo spesso per spiegare questo tema, che è quella del povero cane abbandonato che in questo caso rappresenta l’ecommerce manager, che non si rassegna ed è convinto che il cliente che ha smesso di acquistare prima o poi tornerà. In realtà, facendo dei giusti calcoli, possiamo ragionevolmente aspettarci che in certi casi un cliente possa non tornare più perché appunto ha superato il lapse point. 

Forse il cliente si è rivolto alla concorrenza, oppure ha smesso per qualsiasi motivo personale di acquistare la categoria merceologica che comprava. 

Il Lapse Point è un concetto essenziale per il calcolo del CLV perché la segmentazione dei clienti diventa fondamentale nel calcolare il valore del cliente del lungo termine. Infatti, avremo il Lapse Point dei sei mesi precedenti che suddivide i nuovi clienti, quindi new customer acquisiti di recente, i clienti current, clienti che hanno comprato e che possiamo ritenere dei clienti attivi, mentre se ci spostiamo nel periodo precedente al lapse point avremo dei clienti che dobbiamo iniziare a considerare come old customer. 

Ovviamente la parte difficile di tutto questo è capire per ogni e-commerce come calcolare questo periodo. Questo è semplice se il vostro e-commerce ad esempio vendere prodotti in abbonamento, se avete un abbonamento mensile, semestrale o annuale per alcune categorie di prodotto diventa molto semplice capire quando considerare un cliente perso. Se invece fate una vendita che ha una periodicità ma che non è per forza definita da una scadenza periodica, dovete fare dei calcoli e di solito è l’e-commerce manager, attraverso i dati, a capire quando collocare questo lapse Point. 

Il lapse point si utilizza per calcolare appunto il CLV. Il CLV, infatti, è dato da due metriche fondamentali che sono il valore del cliente e la durata media del cliente nel tempo. 

Ognuna di queste 2 metriche è composta da differenti metriche parziali che fanno parte di questo calcolo: il numero di clienti current, il numero di clienti old e il numero di clienti new, l’AOV (lo scontrino medio), le entrate generate e la frequenza d’acquisto sono solo alcune delle componenti che ci portano a poter calcolare il CLV. Se volete fare delle prove di calcolo nelle slide troverete il calcolatore gratuito che è disponibile sul nostro sito.  Tutto questo ci porta a iniziare un lavoro appunto di Customer value optimization, ovvero migliorare il CLV attraverso una serie di processi e pratiche. 

Sostanzialmente possiamo suddividere la CVO in quattro fasi:

  1. Acquisizione dei nuovi clienti dove bisogna identificare i clienti di valore quelli che possono essere acquisiti anche ad un costo più elevato. 
  2. Onboarding per iniziare la relazione con cliente con giusto
  3. Prevenzione dell’abbandono dove si lavora sul churn rate, che è un’altra delle componenti essenziali del CLV ed è appunto il tasso di abbandono dei clienti. 
  4. Riattivazione dei clienti dormienti che aveva abbandonato l’e-commerce. In questo caso noi consigliamo sempre di dare maggior peso alla fase perché è molto più facile evitare l’abbandono di un cliente piuttosto che recuperare dopo la fine della relazione. 

Infine ci sono diverse tecniche che si possono utilizzare per lavorare sulla CVO. In particolare troviamo l’analisi di coorte, l’ottimizzazione delle campagne lavorando appunto anche con CLV, quindi cercare di attribuire un CLV a diverse campagne, o diversi canali di acquisizione per poter poi allocare il budget. Abbiamo poi l’analisi RFM dei clienti attivi che si può ben integrare con strategie attive di markering automation.

Vediamo brevemente un paio di queste tecniche con le quali noi di Evoluzione andiamo a segmentare i clienti. L’analisi di coorte ci permette di fare un analisi prolungata nel corso del tempo dei clienti acquisiti in un periodo specifico o da un’iniziativa commerciale mirata come il black Friday. Le coorti sono definite attraverso i periodi in cui vengono acquisiti i clienti, quindi quando un cliente effettua il primo acquisto, in modo tale che poi si possa vedere cosa succede nel corso del tempo. Questa tecnica può essere molto importante per valutare iniziative commerciali e promo. Se costruiamo la coorte dei clienti che hanno acquistato durante il Black Friday per la prima volta potremo vedere come si comportano nei 12 mesi successivi.

Un’altra tecnica importante è la matrice RFM che utilizza criteri quantitativi per valutare i clienti e segmentarli in 3 dimensioni: recency, frequency e monetary value. Daremo dunque un punteggio da 1 a 5 alle 3 voci RFM e segmenteremo i clienti per poter predisporre iniziative ad hoc. Un modello molto interessante è quello di Omniconvert che paragona la relazione valutata con matrice RFM a quella tra 2 innamorati, quindi avremo clienti che stanno per scaricare l’ecommerce, nuovi amanti, Don Giovanni, storie finite e così via.

Si possono dunque mettere in atto strategie per prevenire l’abbandono dei clienti di valore, si possono valorizzare i clienti “anima gemella” e lasciare andare i clienti che consumano risorse senza portare benefici. Tutto questo si può fare grazie alla marketing automation, a questo proposito, cedo la parola ad Andrea che spiegherà le ultime novità su questo importante tema. 

Come far crescere il tuo eCommerce lavorando su utenti già acquisiti

Lo sapete che è più facile vendere un prodotto a chi ci ha già dato fiducia? Questo perché innanzitutto se abbiamo fatto vivere un’esperienza positiva a determinati utenti, questi saranno più propensi a fidarsi delle nostre raccomandazioni e delle nostre offerte; di conseguenza saranno anche meno restii a riacquistare, perché hanno sperimentato in prima persona la qualità dei nostri prodotti e dei nostri servizi. Essendo clienti già acquisiti non dovremo spendere soldi per intercettarli nuovamente e di conseguenza avremo un risparmio sul costo di acquisizione.

Le recensioni sono un punto strategico, la riprova sociale è fondamentale per fugare eventuali dubbi pre-acquisto. Quindi chiedete recensioni a chi vi ha già testato e usatele nelle vostre campagne di marketing automation.

Una delle opportunità maggiori che abbiamo è però quella di conoscere le preferenze del nostro pubblico. Qui potremmo avere a disposizione delle informazioni sulle pagine visitate o, a seconda del software di recommendation in uso, informazioni sugli acquisti fatti. Se non abbiamo queste informazioni possiamo capire le preferenze dei nostri utenti chiedendogliele direttamente, ad esempio tramite un questionario profilante. In questo modo sapere se l’utente è interessato al prodotto X o al brand Y e mandargli comunicazioni mirate in caso di promozioni su quei prodotti. 

Infine, grazie alle informazioni sui nostri clienti, l’attività di cross-selling risulta essere molto più semplice.

Vediamo ora in che modo possiamo ottenere questi risultati:

  • Presentandoci col percorso di benvenuto, all’interno del quale diamo informazioni sull’azienda e sul nostro e-commerce, rassicurando gli utenti che vogliono acquistare da noi due modi: parlando delle politiche di reso e mostrando le già citate recensioni.
  • Segmentando il database, tramite questionari e sondaggi oppure sfruttando le info presenti nel nostro software di marketing automation, proponendo i prodotti giusti al momento giusto.
  • In base a queste informazioni e i dati sui prodotti acquistati riusciamo a creare flussi di up-sell e cross-sell. Consiglio: in questi casi, oltre a sottolineare i benefici del prodotto proposto, proporre uno sconto aiuta molto la conversione.
  • Grazie alle analisi sulla CVO abbiamo gli elementi per creare dei flussi rivolti a questi segmenti di utenti, che dovranno avere obiettivi e contenuti differenti a seconda del target a cui vogliamo puntare.

Abbiamo parlato delle attività da svolgere su utenti già acquisiti, adesso rifacciamo un passo indietro e torniamo al processo di acquisizione, quindi quelle tecniche che ci portano visita il sito. In questo caso mi sto riferendo al mondo della SEO che approfondiremo di seguito.

SEO: Cambiamenti, rischio di opportunità

Dal 2023 l’esplosione dell’AI generativa ha avuto un impatto molto significativo nella SEO. E anche se non è un tema originale perché se ne parla fin troppo, daremo una nostra visione su questo aspetto. In Evoluzione ci siamo avvicinati in tempi non sospetti all’AI generativa e abbiamo testato tool come Jasper (che a suo tempo si chiamava Jarvis), oltre ad aver anche sviluppato delle soluzioni interne per appunto fare della sperimentazione. La domanda che ci facciamo adesso è: “I contenuti generati attraverso la rigenerativa si posizionano?”. L’impressione è che in questo momento ci sia bulimia di strumenti, molto hype, ma anche tanta incertezza e poca chiarezza sull’efficacia dell’AI generativa.

Dunque, come ci può aiutare l’AI generativa nell’ottimizzazione SEO? In questo momento può essere molto utile per generare testi brevi, title, meta tag, description e altri micro contenuti. Può essere utilizzata per sviluppare idee, per correggere sicuramente errori e refusi, per superare quello che è il blocco da foglio bianco in fase di brainstorming; è bene, invece, diffidare delle ricette facili e dell’eccessivo automatismo. Sostanzialmente bisogna essere anche molto bravi a creare prompt per riuscire a ottenere l’effetto desiderato. In generale, c’è in questo momento bisogno di umanizzare il contenuto rendendolo personale oltre che professionale, quindi aumentare la qualità del contenuto.

L’altro tema che trattiamo è quello della Search Generative Experience, che di fatto è una feature che Google ha lanciato in fase sperimentale negli Stati Uniti e che avrà un impatto notevole. Utilizza l’AI generativa, appunto, e quello che potrebbe succedere è che una parte abbastanza significativa degli intenti di ricerca vedrà applicata proprio l’AI generativa. In Italia non c’è ancora neanche in versione beta. Quindi ci siamo un po’ affidati a ricerche varie, studi di varie agenzie SEO specializzate e anche con qualche tentativo attraverso proxy per vedere quello che potrebbe essere il risultato. 

Quello che potrebbe essere la conseguenza, molto probabilmente, sarà una perdita di traffico organico. Google infatti sta cambiando col tempo: è partito inizialmente a maggio con un certo tipo di risultati e a seguito di feedback da parte della comunità SEO ha cambiato strategia. Quindi, diciamo, la situazione non è definita. Questo tipo di sperimentazione arriverà molto probabilmente anche in Italia e il messaggio è essere preparati a dei cambiamenti e un impatto sicuramente significativo.

Nel concreto, probabilmente ci sarà una perdita di click e le query coinvolte non saranno solo di tipo informativo perché si è visto che ci sono anche delle query di tipo transazionale. Abbiamo visto esempi in cui appunto Google presenta i prodotti e quindi anche gli e-commerce (che sono del resto il nostro principale focus) verranno probabilmente influenzati dalla Search Generative Experience. Anche il traffico local pare che subirà delle variazioni. 

Lo scenario muterà e ci potrebbero essere delle sorprese.

  • Bing potrebbe guadagnare quote di traffico. E parliamo di Bing perché forse in questo momento è il motore di ricerca che in Italia sta facendo emergere la parte conversazionale più di altri motori di ricerca.
  • I motori di ricerca potrebbero essere utilizzati in una maniera un po’ diversa.
  • Chat GPT in una proiezione futura, ruberà traffico, soprattutto traffico informazionale a Google (perché la gente chiede già a Chat GPT una ricetta, come quando dare da bere alle piante…). E quindi questo tipo di traffico Google e i motori di ricerca probabilmente lo perderanno a favore degli assistenti conversazionali come Chat GPT.

Ma quindi per contrastare questo effetto dei motori di ricerca che tendono a rubare traffico ai siti perché presentano automaticamente i contenuti, che cosa si potrebbe fare?

Potremmo iniziare con il comunicare a Google che noi siamo un brand, che un determinato nostro contenuto è un contenuto vecchio, però diventa oggi ancora più, attuale e ancora più, efficace se mettiamo in atto la giusta strategia di contenuto. Questo richiede impegno, pazienza, lungimiranza, scegliendo i canali corretti, il giusto marketing mix, curando sia gli aspetti comunicativi che quelli tecnici che diventano sempre comunque più, importanti. Adesso lo vedremo in un caso pratico, attraverso questo esempio virtuoso di un nostro cliente che ha un eCommerce di vendita di piante.  

Il founder inizia a fare attività social di livello elevato. Con dei video e dei Reel crea una sua community e questa community cresce poi attraverso ovviamente il nostro aiuto dei nostri consigli. Si decide di puntare su Youtube, che da zero nel giro di meno di quattro anni diventa un canale divulgativo di alto livello con 81.000 iscritti che fa formazione, ottiene visibilità all’interno di YouTube, ma ottiene visibilità anche nella serp di Google. E come ultimo step, sostanzialmente diventa talmente popolare questa figura del nostro cliente che scrive un libro. E per magia che cosa succede? Succede che Google riconosce questa il nostro divulgatore, il founder, come brand e otteniamo di essere inseriti nel Knowledge Graph. Questo sembra una cosa semplice, ma è in realtà veramente un segnale molto forte. Perché vuol dire che Sebastiano Guarisco delle Georgiche è diventato un’entità per Google e fa parte del graph di Google. E adesso, la prossima strategia sarà quella di sfruttare al massimo questo risultato raggiunto per amplificare il più possibile, la visibilità seo, l’autorevolezza e le linee guida dei quality rater di Google che sono tanto, cari a Google per ottenere il più possibile traffico qualificato.

In conclusione, sostanzialmente le azioni che suggerisco di fare, in questo caso, sono quelle di leggere bene le guide di qualità di Google perché sono essenziali per fare in modo che i contenuti vengano valorizzati il più possibile.

A questo punto concludiamo dicendo che in una situazione in cui le serp sono sempre più sature in cui Google sostanzialmente ci fa concorrenza perché vuole prendersi tutto il traffico in cui l’adv ovviamente ci ha già tolto buona parte del traffico, bisogna agire in maniera ortogonale, nel senso che è necessario valutare tutti gli altri canali che ci possono portare traffico o tutti le altre funzionalità di Google che ci possono portare traffico.

Abbiamo citato YouTube, citiamo anche le immagini, la parte local discover, ma anche TikTok e Linkedin sono molto interessanti perché sono molto visibili in serp.

Per esempio TikTok è un social che viene molto utilizzato come motore di ricerca: ci sono degli studi che dimostrano che in America la Gen Z utilizza più TikTok per fare le ricerche di Google e questa cosa sta avvenendo anche in Italia. Oppure i portali verticali. Insomma, bisogna un po’ agire non pensando solo ed esclusivamente al posizionamento di Google perché questo rischia di limitarci molto. 

Citavamo YouTube ma anche la ricerca visuale perché Google ha introdotto recentemente su chi ha Android, già visibile una funzionalità che consente, all’interno delle fotografie, di cerchiare col dito una porzione dell’immagine e di fare una ricerca visuale. Questo apre degli scenari molto interessanti, anche nella parte di produzione di asset per chi ha un eCommerce. Quindi abituiamoci a pensare in maniera un pochettino più espansa.

Questo è solo il quadro generale. Se vuoi approfondire argomenti specifici, o se hai bisogno del nostro supporto o di una nostra consulenza, contattaci!

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