EventStorming per l’analisi di progetti complessi

Recentemente siamo stati contattati da un prospect per effettuare un’analisi e uno studio di fattibilità su una loro idea che cullano da parecchio tempo. Dopo una prima call conoscitiva, abbiamo subito rilevato la complessità del progetto e, per questo motivo, la scelta della strategia da utilizzare è stata immediata. All’interno dell’agenzia usiamo tecniche differenti per valutare la fattibilità di un progetto ma, quando ci sono situazioni di queste dimensioni, la nostra scelta è sempre la stessa: abbiamo deciso di optare per un EventStorming.

Per chi non lo conoscesse, l’EventStorming è un metodo di analisi basato su un workshop nel quale, tutti i partecipanti coinvolti, cercano di esplorare il dominio e tutti i processi di un’azienda per far emergere le problematiche e i punti deboli

Il processo aziendale viene sviscerato in una serie di eventi di dominio rappresentati da post-it arancioni, incollati su un rotolo bianco appeso ad una parete. Questa metodologia è molto utile per la modellazione di processi complessi e, ovviamente, per la raccolta dei requisiti iniziali.

Ecco, ha una particolarità: pur essendo utilizzata per la raccolta di specifiche software non richiede nessun supporto informatico; solo un rotolo di carta bianco, dei post-it colorati, dei pennarelli e una parete abbastanza ampia per ospitare il tutto.  Non mi dilungo oltre sulla parte teorica, per chi non la conoscesse (o per i più curiosi) riporto una spiegazione abbastanza esaustiva dell’EventStorming.

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Ci piace molto questa metodologia anche per una sua particolarità: non si tratta della semplice intervista al cliente nella quale si raccolgono le specifiche ma, bensì, di un workshop da svolgere insieme a tutte le persone coinvolte nei domini del progetto.

Chiunque può portare valore è ben accetto: ogni “esperto” di un determinato dominio è quindi chiamato a dare il proprio contributo all’interno del processo di analisi. Si ottiene così un processo molto dinamico e iterativo che, difficilmente, non raggiunge il suo scopo.

Ovviamente, non trattandosi di una raccolta delle specifiche convenzionale, il tutto si basa su una premessa fondamentale: chi intraprende con noi questa strada deve essere consapevole e motivato che noi siamo pronti a condurlo verso il risultato finale ma, ovviamente, il cammino va percorso insieme. Per la cronaca devo dire che, è veramente molto raro, che chi decide di intraprendere un cammino di questo tipo abbia questo “problema”, anzi…la curiosità, la partecipazione e, la voglia di essere condotti al risultato, portando però la propria esperienza e il proprio contributo, sono delle caratteristiche che riscontriamo sempre quando iniziamo questi percorsi. Dopo tutte queste premesse, un piccolo dettaglio potrebbe essere passato in secondo piano; ci tengo quindi a precisare che le persone coinvolte insieme a noi in un EventStorming, non sono delle semplici intervistate ma sono dei membri effettivi del team che interagiscono attivamente al workshop e lavorano al nostro fianco. Per questo motivo, da questo momento in poi, quando parlerò di team intenderò questo gruppo di lavoro misto Agenzia/cliente.

Per questa occasione abbiamo deciso di svolgere il nostro workshop in tre iterazioni ben distinte, ognuna delle quali aveva un obiettivo ben specifico.

Fase 1: “I primi timidi post-it”

Chi ha già fatto un EventStorming saprà che l’importante è rompere il ghiaccio, in modo tale da sbloccare così la situazione. Il nostro primo obiettivo, quindi, è stato quello di inserire i primi timidi post-it arancio, per far capire ai partecipanti la semplicità del processo. Contemporaneamente, abbiamo sollecitato i partecipanti a non aver paura a far emergere anche i più piccoli problemi che loro stessi vedevano o sospettavano si sarebbero verificati. Sono comparsi quindi i biglietti viola, quelli che rappresentano i problemi e le criticità. Una volta emersi, il nostro scopo è stato quello di cercare di “individuarne” il più possibile!  Potreste quindi pensare: “Voi siete pazzi, perché dovreste andare volontariamente a caccia di problemi?” La risposta è semplice: “Perché prima o poi tutti i nodi vengono al pettine!”

L’esperienza ci insegna che è inutile fare un’analisi nella quale si pensa sempre per il meglio e si spera che la situazione sia sempre idilliaca. Non ha senso sperare che le criticità emergano il più tardi possibile o, peggio ancora, fare finta che i problemi non esistano.

Per un’analisi efficace e costruttiva è fondamentale (a nostro avviso) far sì che l’enorme palla di fango nascosta da qualche parte (perché credetemi, da qualche parte c’è) emerga. Solo in questo modo è possibile affrontarla e, se possibile, sconfiggerla. In caso contrario si può anche decidere di convivere con alcuni pezzi di essa, basta che la scelta sia ponderata.

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Questa premessa teorica vi sarà stata utile per capire quale è stato il focus dell’intero team durante la prima iterazione: iniziare ad entrare nel dettaglio dell’intero processo aziendale, che dovrà in futuro essere gestito da un software, focalizzandoci in particolare su ogni criticità e su ogni passaggio ancora incerto o motivo di confronto.

Non mi soffermerò sui dettagli emersi, né tantomeno sul fatto che il gruppo incaricato dell’analisi, spinto da una forte partecipazione, abbia capito in pieno il senso del workshop, permettendoci di condurli nel modo più efficace possibile alla stesura dell’intero processo aziendale.

Il rotolo di carta ha iniziato a popolarsi con una serie di post-it multicolore e, man mano si andava avanti, l’intero processo aziendale oggetto di analisi è stato esplicitato e “posizionato” sulla parete. Come potrete immaginare, il risultato ottenuto è stato a prima vista spiazzante per il cliente ma assolutamente in linea con quello che era il nostro obiettivo: il numero di post-it viola incollati sul rotolo era molto vicino al numero di post-it arancio.

Ovviamente c’è stata subito una fase di confronto nel team perché il risultato aveva fatto perdere un po’ di quella motivazione che aveva caratterizzato la fase iniziale e, a questo punto, ci siamo confrontati con il nostro prospect sul perché il nostro obiettivo fosse proprio quello. La risposta per noi è stata scontata: come anticipato precedentemente, una volta che tutte le criticità e tutti i limiti sono stati esposti si può osservare l’intero processo con altri occhi, cercando di capire che destino assegnare a quei biglietti viola appesi alla parete.

Siamo stati volutamente “misteriosi” in questa fase inziale, rivelando solo alla fine l’obiettivo della prima fase: dopo quella risposta così “schietta” e così sincera anche la parte cliente del team ha capito la bontà della cosa: un progetto di successo non può avere segreti o criticità ignorate. Riteniamo sia fondamentale esplorare con il nostro cliente tutti gli angoli bui o le situazioni incerte, riflettere su esse e trasformarli da punti di debolezza a situazioni ben chiare e prive di pericoli.

Con questo risultato abbiamo così concluso la prima fase del nostro workshop di analisi. Al termine di questa sessione abbiamo lasciato un po’ di spazio a tutti i membri del team per riordinare i concetti, organizzare le idee e capire come poter attaccare tutti quei biglietti viola che ci stavano “osservando”.

Fase 2: “Cosa ce ne facciamo di tutti quei post-it viola?”

La seconda iterazione del nostro event storming è stata focalizzata sul rivedere (in più passaggi) l’intero processo formalizzato nella fase precedente, soffermandoci in particolar modo sulle situazioni esposte nei post-it viola in modo da concentrarsi dove sono stati formalizzati tutti i problemi emersi.

Un biglietto viola (quindi un problema nel processo aziendale) può essere affrontato in tre modi distinti:

  1. Si può decidere di analizzarlo, in modo da poter trovare un flusso decisionale che ne rappresenti una soluzione accettabile per tutto il team presente all’EventStorming. Il post-it viola viene quindi rimosso e sostituito da una serie di nuovi post-it arancioni creati al momento e inseriti sul rotolo al posto del precedente.
  2. Quello che era stato formalizzato come un problema ora non lo è più. Rivedendo l’intero processo si capisce che in realtà sono già state formalizzate soluzioni ad esso in momenti diversi dell’analisi. In questo caso è necessario, solamente, fare un’operazione di riordino dei post-it. Viene eliminato il problema e sostituito con la soluzione già formalizzata al passo precedente ma collocata al posto sbagliato
  3. Si decide di non considerare il problema. Sembra una soluzione semplicistica ma, come nella vita, si può decidere che quella particolare criticità può aspettare. Si decide quindi (consapevolmente) di lasciare evidenziato il problema attraverso il relativo post-it. In fase di sviluppo non si considererà quel particolare aspetto del flusso aziendale ma lo si lascerà pendente in attesa di eventuali analisi successive o, semplicemente, si accetta che la correzione umana è molto meno costosa e semplice rispetto ad una implementazione e gestione via software

Nella pratica abbiamo ripercorso due volte il flusso e, ad ogni iterazione, ci siamo concentrati su una classe diversa di problemi: alla prima passata abbiamo affrontato quelli semplici, che richiedevano pochi sforzi e poche decisioni per la loro risoluzione.

Nella seconda fase, invece, ci siamo concentrati su quei 2-3 post-it che hanno fatto emergere una serie di ragionamenti molto più complessi. Sono state necessarie parecchie ore di discussione per arrivare alla quadra della situazione ma, grazie al lavoro di squadra, abbiamo raggiunto l’obiettivo.

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Devo dire che questa fase dell’EventStorming è stata molto intensa e molto impegnativa. Non sono mancate le discussioni e i motivi di confronto all’interno del team, ma, con l’apporto di tutti, si sono risolte parecchie situazioni delicate. Il punto di vista di ogni persona presente nella stanza è stato davvero fondamentale: è stato proprio grazie a visioni differenti che certi problemi, all’apparenza insormontabili, si sono potuti risolvere.

Ovviamente l’intero processo è un lavoro di squadra e la decisione, prima di essere formalizzata, deve comunque essere avvallata dall’intero team.

Al termine di questa sessione abbiamo ottenuto quello che anche per il nostro cliente è stato un risultato davvero ottimo: tutti i post-it viola erano spariti tranne uno. Oramai anche la parte “cliente” del team aveva iniziato a ragionare come noi: meno biglietti viola uguale meno problemi. La soddisfazione di avercela fatta era evidente! Abbiamo deciso di lasciare quell’ultimo post-it sul cartellone visto che, tutti i presenti, hanno deciso di accettare il fatto di poter iniziare lo sviluppo dell’applicativo senza considerare quella particolare criticità. Sarà oggetto di un’analisi a sé stante in una delle successive fasi del progetto.

Fase 3: “Revisione finale”

La terza fase è più che altro una sorta di conclusione del lavoro. Dopo un giorno e mezzo di analisi, svolta da tutti con molta auto criticità e con spirito costruttivo, siamo riusciti insieme ad avere una rappresentazione fedele di ciò che il nostro committente desidererebbe venga gestito da un software creato ad hoc.

Abbiamo quindi rivisto per l’ultima volta l’intero rotolo di carta e, a questa ulteriore iterazione, abbiamo deciso di non soffermarci più su niente ma di lasciar correre la “storia” per vedere se il tutto proseguiva senza intoppi.

L’analisi ha quindi delineato un quadro ben definito, anche molto complesso ed articolato.

In conclusione, posso affermare che l’EventStorming è uno strumento molto potente perché, attraverso un workshop, riusciamo a coinvolgere il cliente e renderlo partecipe durante le fasi di analisi. Noi lo sappiamo già ma, ogni volta, è bello vedere come anche chi partecipa insieme a noi in questa fase comprende subito quali sono i nostri obiettivi e capisce che il tutto è fatto con un unico scopo: porre delle solide basi per valutare se è possibile avviare un progetto di successo.

Il ruolo del nostro cliente non è più quello di un semplice intervistato: diventa invece la parte attiva e fondamentale del processo di creazione delle specifiche: è lui l’esperto del suo dominio e, di conseguenza, è lui il pieno conoscitore di tutte le dinamiche interne della sua attività che, se non considerate correttamente, potrebbero portare alla deriva un processo molto complesso.

Siamo fermamente convinti (e i risultati sono dalla nostra parte) che un approccio come questo, se ben possa essere visto da alcuni come un po’ lungo, sia necessario per la corretta comprensione del dominio nel quale andremo ad inserirci o, addirittura, per capire che il progetto è in realtà fallimentare. Un EventStorming può dunque portare anche alla drastica decisione di non avviare il progetto.

La vera forza di tutto questo è infatti permette di avere una visione d’insieme completa, investendo una quantità limitata di tempo.
Il suo successo non è legato alla successiva “messa in opera” delle idee ma deve fornire un quadro chiaro e preciso che possa permettere al management di avere tutti gli strumenti necessari per prendere una decisione consapevole.

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