Trend topic 2017 e sicuro lasciapassare per ogni evento dedicato alle nuove tecnologie, mondano, business o geek che si voglia; la #digitaltransformation è sulla bocca di tutti, ma, stringi stringi, è difficile pure il solo definirla.
Wikipedia alla mano: “Con il termine digital transformation (in italiano trasformazione digitale) si indica un insieme di cambiamenti prevalentemente tecnologici, culturali, organizzativi, sociali, creativi e manageriali.” Ottimo… quindi? Il seguito non è molto più chiaro: “… Grazie a questo nuovo approccio il destinatario finale del valore creato dalla digital transformation è di fatto al centro dello sviluppo se non addirittura partecipe dello stesso, ottenendo così un accesso effettivo, efficace e consapevole al servizio stesso sia esso costituito da beni materiali, immateriali o dati.”.
La digital transformation viene brandita dai più per predire l’ineluttabile futuro prossimo venturo nel quale le inefficienze e le brutture contemporanee verranno spazzate via e vivremo coccolati (controllati) e contenti. Tutto vero, ma sa molto di sentenza finale, non si cita mai chi deve fare cosa. Ma come si fa? Cosa si fa? Chi è il “digital trasformatore”? Esiste già su LinkedIn questa figura? Purtroppo sì, dove osano le aquile…
Il business della digital transformation
Il primo che la cita vince, dopo di lui può esserci solo l’approvazione mesta e silenziosa degli altri: la trasformazione digitale si può solo accettare ed attendere, certi che appena arriverà la riconosceremo. E ci farà fare più soldi.
Quindi le grandi aziende fremono, vogliono essere parte attiva di questa trasformazione digitale. Hanno capito che c’è chi si è “trasformato” e fa più soldi, ma non capiscono come si fa. Alla radio e in TV se ne parla tanto, ma come evento/avvento fenomenologico: i tempi che cambiano, la tecnologia che avanza e tu (azienda) che ti adegui o ciao ciao.
Nelle sale riunioni se ne parla, e capita che ai pranzi di lavoro mi chiedano come comprare la #digitaltransformation in modo da modificare il loro modello di business #businesstransformation. L’errore di una richiesta di questo tipo è che si possa pensare di poter comprare un prodotto o un servizio e di aver così risolto il problema. Non comprendono che il cambiamento richiesto è più profondo, che la loro organizzazione dovrà cambiare, che competere in questi mercati digitali richiede sì prodotti e servizi innovativi, ma che insieme ai servizi andranno ridisegnati anche i processi aziendali.
Nel merito di chi attua questa trasformazione la risposta non può che essere aperta: la trasformazione la fa l’azienda stessa, supportata da un team multidisciplinare di designer, programmatori, analisti, strategist.
Il design come abilitatore della digital transformation
Tutti noi siamo coinvolti nel produrre questa trasformazione digitale, ne siamo coautori. Il punto focale nella definizione in Wikipedia sta proprio nell’accenno al tizio che sta al “centro dello sviluppo”, l’utente stesso.
Le aziende vogliono continuare a prosperare e hanno “intuito” che per fare soldi, oggi come oggi, devono modificare (trasformare) il loro modello di business, non a caso direi che devono ridisegnare il modello di azienda.
Questa business transformation riguarda diversi aspetti (processi, struttura, tecnologie, execution), ma l’aspetto cruciale è che il nuovo modello deve mettere l’utente al centro, senza menzogne e mezze misure. La digital transformation riguarda le persone, soddisfare il cliente oggi non è facile; in un batter d’occhio ha cambiato modelli comportamentali, riferimenti culturali, nonché gli utensili che usava per vivere e lavorare.
A proposito di utensili, oggi sono prevalentemente digitali, così come sono digitali gli ambienti dai quali possiamo ricavare maggiori informazioni per fare le nostre scelte; ed è per questo che si parla di “digital” transformation.
A complicare le cose c’è che questo cambiamento è fluido, il processo di cambiamento è continuo; continui ritocchi alla strategia, continui momenti evolutivi per l’azienda.
Dunque sono le persone che vanno capite, per capire cosa fare. È il cliente che porta i soldi. È l’utente che deve essere conosciuto meglio (e qui sorvolo colpevolmente sull’aspetto Data & Analytics). Per farlo bisogna accettare di dedicare risorse per fare più ricerca sugli utenti, bisogna investire sulla progettazione dell’esperienza utente, mettere a fuoco scenari, motivazioni e frustrazioni; acquisire consapevolezza su come e quando i clienti si considerano soddisfatti.
Sì, fare digital transformation significa essere più consapevoli, scegliere una strategia che contempla nativamente il cambiamento, che porta l’azienda ad evolvere e adattarsi per soddisfare meglio il cliente, disegnando e sviluppando per lui esperienze di valore, fluide tra i touchpoint e integrate con l’intero ecosistema azienda.