Customer Value Optimization: perché è un processo strategico fondamentale per ogni e-commerce

Uno dei temi più attuali e caldi nel mondo dell’e-commerce è la valorizzazione del cliente nel tempo, argomento centrale anche dell’ultima edizione dell’SMXL di Milano, dove siamo stati invitati come speaker.

Ormai da qualche tempo, in Evoluzione, stiamo sviluppando una metodologia di lavoro orientata alla customer analysis, ma prima di entrare nel merito della questione, facciamo un passo indietro. La nostra passione per la customer analytics ha origine da un problema ricorrente. Spesso, ci siamo trovati in una situazione complicata: le campagne pay-per-click avevano ottimi risultati, il rendimento dei principali KPI era positivo, gli investimenti in pubblicità erano in aumento, eppure sul lungo periodo il fatturato e il profitto non sempre seguivano la crescita prevista.

Spesso infatti, a fronte di un aumento dell’investimento pubblicitario, se non aumenta anche il fatturato si tende a ipotizzare cali di performance sui canali adv. La prima ipotesi che viene in mente è che ci sia una diminuzione del ROAS (ritorno sulla spesa pubblicitaria) e in questo caso il problema è semplice da identificare e si può iniziare a lavorare sulla strategia per migliorare questa metrica. Se invece il ROAS resta stabile o addirittura si vedono dei miglioramenti, come accaduto per un nostro cliente, per un marketer è assai più complesso individuarne le cause se si resta focalizzati sui soli dati presenti in piattaforma.

Basare l’ottimizzazione su CPA e ROAS non era più sufficiente per portare valore ai nostri clienti. Per questo abbiamo deciso di scavare a fondo, trovando risposte che affondano le loro radici nel Customer Lifetime Value.

Indice degli argomenti di questo articolo:

  • 1 – Orientarsi in un customer journey sempre più complesso
  • 2 – L’acquisizione massiva di clienti non basta
  • 3 – Migliorare il Customer Lifetime Value in 4 fasi strategiche: la base della CVO
  • 4 – Come calcolare il Customer Lifetime Value: software o formule?
  • 5 – La Cohort Analysis che osserva il comportamento dei clienti
  • 6 – Il modello della matrice RFM
  • 7 – Capire come sfruttare l’analisi RFM
  • 8 – Quali sono i vantaggi della CVO?

Orientarsi in un customer journey sempre più complesso

Allarghiamo lo sguardo e vediamo quale è la situazione del performance marketing e del PPC contemporaneo:

  • Ottimizzazione campagne basata su KPI (CPA, ROAS, POAS) più “concreti” rispetto a reach, impression e click
  • Smart bidding basato su Machine Learning
  • Modelli attribuzione basati sui dati
  • Segmentazione del funnel TOFU, MOFU, BOFU e possibili integrazioni pubblici custom

Il ruolo dell’advertiser digitale è senza dubbio in evoluzione. Google, Meta e tutte le piattaforme pubblicitarie ci tolgono controllo diretto sulle leve utilizzate in passato per ottimizzare, il tutto in favore di una preponderante presenza del machine learning. Il classico funnel di segmentazione “a imbuto” con suddivisione in Top of the funnel, Middle of the funnel e Bottom of the funnel è ancora fondamentale, ma non possiamo trascurare il concetto di messy middle. Nelle sue pubblicazioni degli ultimi anni, Google ci parla di un customer journey complesso e articolato, un caotico percorso che tra numerosi punti di contatto online e offline porta all’acquisto di un prodotto o servizio. In questa complessità e perdendo parte del controllo sulle campagne, una buona strategia deve lavorare sul database clienti e contatti, valorizzando una delle più importanti leve rimaste nelle piattaforme di ADV, ovvero i pubblici custom integrabili.

L’advertising orientato alla performance è oggi fondato sul CPA, il costo per acquisizione di un cliente, e sul ROAS, il ritorno sull’investimento pubblicitario. L’ottimizzazione poi può (e dovrebbe) tenere conto anche dei costi non-pubblicitari spostando l’attenzione verso un reale profitto ben riassunto nella metrica del POAS (profit on advertising sales). La questione però è spesso l’orientamento al calcolo di queste metriche solo nel breve periodo. Occorre quindi porre una domanda fondamentale:

Che cosa succede al cliente che abbiamo acquisito al CPA desiderato?

Spesso di fronte a questa domanda brancoliamo nel buio, la conoscenza del cliente svanisce nel momento in cui viene acquisito. Ci si dimentica che l’investimento sostenuto per l’acquisizione non dovrebbe essere (nella maggior parte dei casi) un evento isolato. Occorre dunque introdurre un nuovo concetto: il Customer Lifetime Value (CLV) ovvero il valore che porta in media un cliente nell’arco del suo ciclo di vita con la tua azienda.

L’acquisizione massiva di clienti non basta

Osserviamo subito il lato pratico del concetto di Customer Lifetime Value. Che cosa succede quando introduciamo il CLV nelle nostre valutazioni di una campagna pubblicitaria? Vediamolo subito con un esempio.

Due aziende lavorano per l’acquisizione di un cliente, la prima ha un classico focus su CPA e ROAS target, vuole spendere il minor importo possibile per acquisire un nuovo cliente. La seconda azienda orienta le sue campagne all’acquisizione di clienti che possano fidelizzarsi nel tempo e acquisire valore gradualmente aumentando il CLV.

  • La prima azienda spende 1€ in pubblicità, il cliente acquista per un totale di 4€, il rapporto ROAS di valore è 4:1
  • La seconda azienda spende 2€ in pubblicità, il cliente acquista per un totale di 4€, il rapporto ROAS di valore è 2:1
  • Dopo aver introdotto il CLV, osserviamo cosa succede dopo un periodo di 12 mesi.
  • La prima azienda si trova nella stessa situazione, il cliente acquisito non è più tornato e il rapporto CLV/CPA rimane 4:1
  • La seconda azienda raccoglie i frutti del suo investimento, il cliente acquisito compra ancora per un totale nei 12 mesi di 10€, il rapporto CLV/CPA diventa 5:1

Questo esempio semplificato mostra chiaramente quale potrebbe essere su larga scala l’impatto di una strategia di marketing che non sia orientata solo all’acquisizione massiva di clienti. Qui entra in gioco il concetto di Customer Value Optimization.

Migliorare il Customer Lifetime Value in 4 fasi strategiche: la base della CVO

La CVO è un processo continuo volto al miglioramento del Customer Lifetime Value attraverso analisi e ottimizzazione della customer experience, delle strategie di acquisizione e di retention.

Si tratta di un processo continuo da portare avanti con il coinvolgimento di diversi player. Il CLV diventa il centro della strategia globale dell’e-commerce e per questo nessuna delle 4 fasi del processo può essere trascurata.

1.      Acquisition: l’obiettivo di questa attività non è solo acquisire il maggior numero di clienti possibili ma quello di trovare i clienti giusti con i quali si possa instaurare una relazione duratura e profittevole.

2.      Onboarding: le prime impressioni sono importanti, vale per tutte le relazioni, e per tale ragione è fondamentale fare buona impressione su un nuovo cliente dandogli la giusta accoglienza e la corretta percezione del valore (un classico esempio può essere il percorso di benvenuto impostato come flusso di marketing automation).

3.      Prevention: prevenire è sempre meglio che curare. In queste attività lo scopo è ridurre il tasso di abbandono (churn rate) e incrementare la retention delle relazioni tra azienda e clienti4.      Re-activation: quando un cliente ci abbandona abbiamo 2 possibilità: provare a riconquistarlo con iniziative ad hoc, oppure lasciarlo andare perché ci accorgiamo che non era il cliente giusto per noi (un cliente scomodo che abusa della possibilità di fare resi e reclami insensati non ha sicuramente necessità di riattivazione).

Come abbiamo visto, al centro dell’universo della CVO c’è il concetto di Customer Lifetime Value. Vediamo dunque come si definisce e come si calcola questa metrica essenziale per la sopravvivenza e la crescita di ogni business.

Come calcolare il Customer Lifetime Value: software o formule?

HubSpot definisce il CLV come la metrica che indica le entrate totali che un’azienda può ragionevolmente aspettarsi da un singolo account cliente durante la relazione commerciale. Detto in parole povere è quanto fatturato, in media, ci porta un cliente durante il suo ciclo di vita. 

Già dalla definizione vengono facilmente in mente i motivi per cui è molto utile calcolare questa metrica per il tuo business: da un lato perché, banalmente, ci dà una previsione di profittabilità nel lungo periodo. Quindi se ho un CLV di 1000€ e 50 clienti attivi a portafoglio so che mediamente il mio portafoglio avrà un valore di 50k, e se aggiungo altri 10 clienti, potenzialmente potrà fruttare 60k. Inoltre sapere quanto vale nel tempo un tuo cliente ti aiuta a valutare la profittabilità delle campagne e l’efficacia delle iniziative di acquisition, oltre a indicare un periodo dopo il quale, tendenzialmente, rischi di perdere il cliente.

Dopo aver compreso quanto possa essere importante conoscere il Lifetime Value per il tuo business, ti starai chiedendo come fare a calcolarlo. In questo caso hai due possibilità:

  • trovare un software che calcoli questa metrica
  • calcolarlo tramite delle formule

La formula è valore del cliente per durata media del cliente, ma per arrivare a questi due valori ci sono altre metriche da calcolare, infatti: per trovare il valore del cliente bisogna moltiplicare lo scontrino medio per la frequenza di acquisto. Quest’ultima si calcola dividendo gli acquisti per gli acquirenti unici (quante volte un utente effettua un acquisto). Lo scontrino medio, lo sai benissimo, si trova dividendo le entrate per gli acquisti. Dividendo 1 per la churn rate (ovvero il tasso di abbandono) del periodo oggetto di analisi, andiamo a trovare la durata media del nostro cliente. Quindi se individuo una churn rate annuale, ad esempio del 20%, avremo una durata media di 5 anni.

Ma come arrivo alla churn rate, che è il tasso di abbandono? Facendo 1 meno la Customer Retention Rate, ovvero il tasso di fidelizzazione dei clienti. L’ultima formula che ci serve è quella per trovare la CRR, quindi vado a sottrarre i “nuovi clienti unici” dai clienti “current” (ovvero coloro che, nel periodo che ho individuato come oggetto di analisi, sono a tutti gli effetti miei clienti) e dividendo questo dato per i vecchi clienti (ovvero coloro che ho acquisito nel periodo precedente rispetto quello analizzato).

Vediamo ora questi calcoli tramite un semplice esempio in cui ho analizzato il 2022.

Per prima cosa individuo i miei clienti “current” (tutti coloro che hanno acquistato da me nel 2022), “new” (coloro che hanno acquistato per la prima volta da me nel 2022), “old” (coloro che hanno acquistato da me nel periodo precedente, ovvero nel 2021):

  • Current unici: 100
  • New unici: 30
  • Old unici: 80

Con questi dati ho sufficienti informazioni per arrivare a calcolare la durata media del cliente, ovvero quella metrica legata al tempo, utile per la prima parte della formula sul CLV. Infatti andrò a calcolare:

  • CRR: (100-30)/80 = 87,50%
  • Churn Rate: 1-87,50% = 12,50%
  • Durata media del cliente: 1/12,50% = 8 (anni)

La seconda parte della formula è composta da una metrica economica: le entrate per cliente. Per ottenere questo dato dovremo calcolare il totale delle entrate generate dai clienti nel 2022 e il numero di acquisti unici:

  • Entrate current: 10k €
  • Acquisti current: 180

Conoscendo questi due valori potrò procedere coi miei calcoli:

  • Scontrino medio: 10k/180 = 55,56€
  • Frequenza di acquisto: 180/100 = 1,80
  • Entrate per cliente: 55,56€ x 1,80 = 100€

Ora so che ogni mio cliente, in media, mi resta fedele per 8 anni e, ogni anno, effettua acquisti per 100€. Di conseguenza posso affermare che il mio Customer Lifetime Value è di 800€.

Una precisazione che ti tornerà utile: l’elenco dei clienti current, sarà composto da un mix di clienti nuovi e di clienti vecchi. A tal proposito veniamo ora ad un secondo elemento molto importante: individuare il “periodo oggetto di analisi”. A seconda del periodo individuato, cambiano i dati da raccogliere per individuare le numeriche di new, current e old customer.

Noi consigliamo di utilizzare il lapse point per scegliere il periodo da analizzare.

Ma che cos’è il lapse point? È quel momento in cui il tuo cliente ti ha abbandonato. Ovvero quel periodo, passato il quale, se un tuo cliente non ha più acquistato da te significa che tendenzialmente ha acquistato da qualcun altro e quindi ti ha abbandonato. 

Ad esempio: sono una compagnia assicurativa che fa polizze annuali. Se un mio cliente dopo 1 anno non rinnova la polizza è assai probabile che l’abbia stipulata con un mio competitor e quindi ho perso il cliente. In questo caso il mio lapse point sarà di 1 anno.

Il bello del Customer Lifetime Value è che, con i giusti match di dati, è possibile calcolarlo quasi per tutto. Noi, ad esempio, abbiamo trovato utile calcolarlo per:

  • Sorgente/Mezzo di acquisizione. Questa analisi ti permetterà di:
    1. Allocare il corretto budget tra le piattaforme pubblicitarie, ottimizzandone quindi i rendimenti e la spesa;
    2. Trovare nuove opportunità: possono esserci canali di acquisizione “organica” che non cubano tanti ordini, ma su cui si può lavorare, ad esempio tramite l’adv.
  • Campagne Google Ads. A volte, come già spiegato a inizio articolo, ottimizzare le campagne (specie su account alto spendenti) basandosi sul solo ROAS può essere fuorviante. Infatti potresti scoprire che campagne con ROAS più basso, a cui hai dedicato (giustamente) meno budget, nel lungo periodo portano maggior valore e quindi (altrettanto giustamente) dovresti valutarne una maggiore centralità nella tua strategia.
  • Prodotto. Conoscere il LTV portato dagli utenti in base al prodotto acquistato, può aiutarti a trovare dei prodotti civetta, su cui magari in fase iniziale perdi un po’ di margine ma che ti fanno acquisire il cliente che, con le giuste strategie, riacquisterà in seguito da te.

La Cohort Analysis che osserva il comportamento dei clienti

Oltre alle analisi basate sul Customer Lifetime Value, esistono diversi metodi di CVO che si possono applicare nelle attività di marketing digitale. Uno di questi è la Cohort Analysis, tradotto spesso in Analisi di coorte. Si tratta di una tecnica analitica che permette di monitorare il comportamento di un gruppo di clienti nel tempo o in relazione a particolari eventi e iniziative commerciali. 

L’esempio classico di cohort analysis applicata a un ecommerce è la matrice che segmenta gli utenti in coorti basate sul mese di acquisizione e osserva il loro comportamento nei mesi successivi. Possiamo così osservare quale è la percentuale di ritorno dei clienti sul lungo termine e valutare il rendimento di ciascuna coorte. Le opportunità offerte da questa metodologia sono molteplici: 

  • Permette di individuare i “periodi migliori” per acquisire nuovi clienti che possano rimanere a lungo
  • Mostra l’impatto di particolari iniziative (es. Black Friday)
  • Si può calcolare per numero clienti, ordini, entrate, prodotti
  • Evidenzia l’andamento dell’e-commerce per retention e churn, permettendo di intervenire in tempo

Un’iniziativa può essere dunque analizzata attraverso l’utilizzo della cohort analysis valutando le percentuali di riacquisto e il valore sul lungo termine dei clienti acquisiti. Se analizziamo l’efficacia di un Black Friday sul lungo termine potremmo avere delle sorprese.

Nell’esempio qui proposto, la valutazione istintiva sul breve termine delle campagne Black Friday dell’azienda B sembra migliore rispetto a quella dell’azienda A. Eppure, allargando il focus e utilizzando l’analisi di coorte, scopriamo che l’azienda B ha acquisito clienti poco fedeli, fortemente attratti solo dalla scontistica, mentre l’azienda A ha trovato clienti ad alto LTV vincendo quindi la gara sulla lunga distanza. Nel caso di iniziative come il Black Friday è ormai fondamentale non limitarsi a valutare il ROAS, ma spostare il focus sul LTV:CAC, ovvero il rapporto tra il Customer Lifetime Value e il costo di acquisizione.

Il modello della matrice RFM

Un altro modo per applicare la CVO al proprio e-commerce è iniziare a segmentare i clienti con il modello della matrice RFM. La matrice RFM è un modello di customer analysis che permette di segmentare e valutare i clienti attraverso un’analisi quantitativa completa fondata su 3 pilastri:

  • Recency: quanto è recente l’ultimo acquisto del cliente?
  • Frequency: quanti ordini ha effettuato durante il periodo analizzato?
  • Monetary Value: a quanto ammonta il valore totale dei suoi ordini nel periodo?

Per rappresentare la matrice RFM occorrono 3 dimensioni, perciò la figura perfetta è il cubo. I tre assi fanno riferimento ai valori dei 3 pilastri RFM e in base al punteggio i clienti si posizionano all’interno del cubo. Costruire l’analisi RFM può sembrare complesso a prima vista, ma basta seguire alcuni semplici passaggi e si può ottenere una perfetta segmentazione: 

  1. Si calcolano i valori Recency, Frequency e Monetary Value per i clienti dell’e-commerce partendo dai dati del backend;
  2. Si definiscono delle fasce di punteggio (custom o statistiche per percentili) per valutare RFM solitamente su scala 1-4 o 1-5. Nel caso di ecommerce grandi possiamo tenere il punteggio 1-5, per gli ecommerce medi 1-4 risulta più efficace, mentre per i piccoli negozi è più utile partire con una segmentazione 1-3;
  3. Ogni cliente ottiene una valutazione RFM, nel caso standard il migliore avrà 555, il peggiore 111;
  4. Si segmentano i clienti in base alle fasce RFM e si definiscono strategie di automation o campagne per i segmenti.

Il punto 4 è fondamentale, perché i segmenti costruiti attraverso il modello RFM scelto definiscono il target per possibili campagna PPC, email e marketing automation.

Capire come sfruttare l’analisi RFM

Un esempio di classica strategia potrebbe essere la creazione di un automazione “risveglia zombie” sui clienti che avevano un buon valore Frequency e Monetary, ma che stanno per abbandonarti o l’hanno appena fatto (sempre sulla base del Lapse point di cui abbiamo parlato prima), infatti la Recency è negativa. In questo caso si possono costruire strategie con coupon o altri incentivi per riattivare il cliente. Inoltre, in un caso specifico, abbiamo avuto ottimi risultati aggiungendo un sondaggio per comprendere le ragioni dell’abbandono. Le risposte al sondaggio hanno dato importanti spunti sulla logistica e sul customer care per migliorare la relazione tra l’ecommerce e tutti i clienti. 

La Customer Value Optimization è ancora molto sottovalutata da chi inizia a occuparsi di e-commerce e da chi gestisce campagne PPC, ma oggi può davvero fare la differenza. La chiave della crescita è mettere il valore al centro di tutti i processi, guardando il quadro più ampio e gestendo al meglio tutte le dinamiche della relazione cliente-azienda. 

Quali sono i vantaggi della CVO?

Per concludere questo articolo vogliamo lasciarvi con alcuni vantaggi della CVO che abbiamo ottenuto imparando a integrarla nelle nostre strategie di digital marketing e PPC.

  1. Migliore ottimizzazione machine learning (grazie ai dati su LTV)
  2. Migliore allocazione budget tra le campagne
  3. Migliore allocazione budget tra canali di traffico
  4. Remarketing e segmentazione più efficaci
  5. Lookalike basati sui segmenti costruiti con CVO (almeno finché si potranno utilizzare, visto che Google Ads a breve li toglierà)
  6. Valutazione completa sulle iniziative di acquisition
  7. Marketing automation performante
  8. Fidelizzazione dei clienti VIP con strategie ad hoc
  9. Individuazione di prodotti civetta con maggior possibilità di generare valore nel tempo

Ed ecco, infine, direttamente dall’evento, alcune considerazioni sulla valorizzazione, la fidelizzazione e la crescita del proprio target di riferimento.

Se hai trovato interessanti i temi che abbiamo trattato durante l’ultima edizione dell’SMXL di Milano e vuoi approfondire le strategie della Customer Value Optimization, puoi contattarci tramite il form sottostante. Riceverai anche le slide complete e dettagliate della nostra presentazione!

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