Come la pandemia ha cambiato il modo di lavorare all’interno della nostra agenzia

Leggendo il titolo di questo articolo potreste pensare: “ci risiamo, l’ennesimo che parla di quanto è bello lavorare da remoto per un’agenzia digitale”. Vi prometto che non sarà proprio così: in questo post vogli esporvi la mia esperienza e quella di Evoluzione, illustrandovi come da realtà prevalentemente legata all’ufficio, ci siamo trovati catapultati in una situazione esclusivamente remota. Voglio raccontarvi quali sono state le nostre difficoltà e come abbiamo cercato di risolverle, arrivando infine alla gestione attuale che ci permette di lavorare serenamente indipendentemente dalla posizione in cui ci troviamo.

Gennaio 2020

Siamo all’inizio del 2020 e, come la maggior parte delle persone in quel periodo, trascorro le giornate lavorative all’interno dell’ufficio della mia agenzia, nonostante Evoluzione offrisse già ai suoi dipendenti la possibilità di poter fare 5 giorni di smart working al mese. Perché? Per due motivi:

  1. Anche se ci era concessa la possibilità di poter lavorare da casa, eravamo una realtà che regolava i suoi ritmi in base alle persone presenti in ufficio. Eravamo però agli inizi, era necessario pianificare per quelle giornate “in esterna” delle attività che si sarebbero potute svolgere prevalentemente in autonomia senza aver la necessità di interagire con i colleghi o con le infrastrutture dell’agenzia perché:
    • non usavamo ancora Teams, ma Slack per la messaggistica aziendale
    • molte decisioni erano prese “a voce” all’interno dell’ufficio e non documentate per chi lavorava da casa
    • avevamo iniziato ad implementare una VPN Aziendale ma eravamo ancora alle fasi di sperimentazione iniziale
    • i momenti di pausa venivano svolti solamente nella saletta break all’interno dell’agenzia.
  2. Perché “avevo sempre fatto così”. Una frase pericolosissima che non si dovrebbe mai dire, ma sfido chiunque stia leggendo ad affermare di non averla mai detta e di non aver mai seguito questo paradigma. Io abito relativamente vicino all’ufficio, ai tempi non mi pesava raggiungerlo (anche se la mattina il tempo speso nel traffico era decisamente considerevole) e a tutto pensavo, fuorché al voler lavorare da casa.

Marzo 2020

Di colpo il mondo si ferma. Le aziende vengono chiuse e, i più fortunati, sono stati catapultati nella realtà dello smart working. Il primo impatto è stato traumatico. Ricordo ancora quel lunedì in cui andai in ufficio a smontare la mia postazione per portare tutto a casa e accamparmi in un “ufficio di fortuna” formato da un tavolo e da una sedia (presa in prestito dal soggiorno). Come potrete immaginare questa soluzione improvvisata non era sicuramente il massimo del confort: la mia nuova “scrivania” era molto stretta e la sedia certo non agevolava la mia comodità durante la mia giornata lavorativa). Ma tanto, pensavo, sarebbe stato solamente per qualche settimana e, appena possibile, sarei tornato in agenzia alla mia postazione abituale.
Ok, si parte ma…come facciamo i nostri daily? Visto che la versione di Slack rilasciata in quel periodo aveva alcune lacune sulla qualità delle videochiamate, abbiamo dovuto attrezzarci, aggiungendo al nostro set di applicazioni usate quotidianamente anche Zoom, l’ennesimo tool da aggiungere alla lista di applicazioni che chi lavorava in agenzia doveva aprire ogni mattina (a dovere della cronaca devo dire che anche Zoom in quel periodo aveva qualche piccolo problema sulla qualità delle videochiamate ma era comunque meglio rispetto a Slack).  Facemmo quindi il primo stand up da remoto e, dopo aver esposto la nostra giornata…inaugurammo una nuova era. In quel periodo abbiamo cercato di modificare la nostra routine lavorativa il meno possibile, convinti che la situazione sarebbe durata solo poche settimane, per poi tornare alla normalità. Non è stato così, i giorni hanno iniziato a trascorrere e, ad uno ad uno, sono emerse una serie di situazioni che era necessario modificare:

  • Come gestire i permessi legati ai blocchi degli IP?
  • Come si sarebbe dovuto svolgere un processo decisionale fra più reparti?
  • Dove avremmo dovuto documentare il tutto per renderlo fruibile a tutti?
  • Come avremmo potuto essere raggiungibili telefonicamente dai nostri clienti?
  • Come limitare il numero delle call giornaliere?

In sostanza ci eravamo accorti che stava sorgendo la necessità di trasformarci da una realtà fisica ad una realtà remota.

Giugno 2020

Dopo tre mesi di “rodaggio” abbiamo sentito la necessità di fare il punto della situazione. Le questioni da sistemare erano parecchie ma, d’altra parte, eravamo consapevoli che la strada intrapresa era quella giusta: dopo i primi giorni di assestamento, il remoto non aveva diminuito la nostra operatività e, con il passare dei giorni, avevamo iniziato ad apportare diversi cambi di rotta:

  • Dismissione di Slack e Zoom dal set degli strumenti aziendali in favore di Microsoft Teams: in questo modo abbiamo potuto unificare in un unico tool un buon sistema di messaggistica e video chiamate;
  • Spostamento di tutte le discussioni relative ai progetti in essere sui canali dedicati creati nella chat di Teams in modo da garantire l’accesso all’informazione a tutti gli interessati
  • Un uso più capillare e radicato di Confluence come sistema documentale per poter tener traccia di tutti i processi decisionali aziendali
  • Utilizzo di VPN dedicate per l’accesso a server raggiungibili solo dall’ indirizzo dell’agenzia (in questi server sono contenuti tutti i dati sensibili e i progetti di valore)
  • Utilizzo più massivo di soluzioni cloud, sia per la gestione semplificata di dati e materiali clienti che per la pubblicazione di progetti interni o di aree demo. Questo cambio di filosofia ha permesso di incrementare la produttività durante le nostre routine quotidiane: non era più necessario passare tramite una VPN per fare qualsiasi cosa, ci bastava un account al servizio scelto (meglio se con un’autenticazione a due fattori chiaramente) per essere operativi e performanti
  • Sostituire i nostri incontri con i clienti tenuti in agenzia in favore di video chiamate. All’inizio è stato un po’ “strano” ma, con il proseguire della situazione, ci siamo accorti di come questo nuovo approccio ha permesso a tutte le parti di risparmiare il tempo dei trasferimenti e di poterlo dedicare ad altre attività.
  • Creazione di un canale “bar” nel quale poter fare le pause tutti insieme anche se distanti

Rimanevano aperti ancora alcuni punti: quello di essere raggiungibili telefonicamente anche da casa e quello di cercare di limitare il numero delle call interne. Per il primo punto abbiamo deciso di rivolgerci al nostro fornitore telefonico per poter avere un centralino virtuale integrabile con Microsoft Teams ed utilizzabile dai nostri pc; per il secondo punto, invece, abbiamo impostato un codice di condotta interno che prevede la chiamata solo come ultima opzione, in questo modo abbiamo iniziato a limitare le “chiamate a tradimento” che interrompono il flusso di lavoro dei nostri colleghi. Il nostro nuovo codice di condotta è basato su un principio molto semplice: se un collega ha “investito” del tempo per articolare in modo completo una richiesta via chat è perché ha bisogno di un supporto reale. Scrivere una domanda ben formata, infatti, richiede sicuramente più sforzo rispetto a quello di far partire una videochiamata. Dall’altro lato, il destinatario della richiesta non viene interrotto immediatamente da una videochiamata invasiva ma riceve un messaggio in chat, al quale può decidere di rispondere compatibilmente con il suo stato attuale. Per un rispetto del tempo di tutti abbiamo concordato che un feedback (anche solo per avvisare il collega che non si sarà disponibili per un determinato lasso di tempo) va comunque dato entro un intervallo ragionevole (una trentina di minuti massimo) dalla ricezione della richiesta.

Dopo aver parlato di questioni prettamente lavorative, siamo passati al lato “personale”, facendo il punto di come fosse cambiata la qualità della nostra vita a seguito della nostra nuova tipologia di lavoro. Personalmente, dopo l’impatto iniziale abbastanza traumatico, ho avuto la consapevolezza che si poteva lavorare anche da casa pur mantenendo la stessa qualità del lavoro, a patto di avere un ambiente consono nel quale passare la propria giornata lavorativa. La mia postazione, da “ufficio di fortuna”, si è trasformata via via in uno spazio di lavoro vero e proprio:

  • Mi sono ritagliato una stanza dedicata che ora è diventata il mio luogo di lavoro domestico
  • La scrivania è stata sostituita con una più larga
  • La sedia del salotto ha lasciato il posto ad una vera sedia da ufficio, necessaria per evitare tutti quei fastidiosi mal di schiena che potrebbero insorgere con una postura scorretta

L’altro punto sul quale ho dovuto lavorare per poter mantenere una corretta separazione casa/lavoro è stato quello relativo ai miei comportamenti. All’inizio le giornate erano tutte uguali e, non avendo la possibilità di andare in ufficio, capitava spesso che il tempo dedicato al lavoro e quello alla famiglia si mescolassero: gli orari iniziavano a diventare meno definiti e con la scusa del “tanto sono sempre a casa” si rispondeva a mail o si eseguivano attività ad orari sempre più improbabili.  Anche da questo punto di vista, aiutato dalla letteratura presente in merito (vi consiglio ad esempio il libro “Distributed Teams: The Art and Practice of Working Together While Physically Apart” di John O’Duinn) ho modificato le mie abitudini, facendo piccole cose che però permettono di entrare nell’ottica del “non sono a casa, ma in ufficio”:

  • vestirmi come se andassi in ufficio anche se in realtà lavoro da casa;
  • uscire di casa come se mi recassi al lavoro facendo un semplice giro dell’isolato, o andando al bar a fare colazione.
  • rispettare quanto più possibile gli orari lavorativi, evitando di farmi travolgere dalle attività da fare

L’attuazione di queste migliorie ambientali e comportamentali ha fatto sì che io abbia potuto avere una corretta separazione fra la mia vita lavorativa e quella familiare. I pro della mia transizione verso il remoto sono stati innumerevoli:

  • Ho visto crescere mia figlia: lavorando da casa ho avuto la possibilità di vedere la mia bambina non solo la mattina prima di andare in ufficio e la sera al mio rientro, ma anche a pranzo e nelle piccole pause della giornata.
  • Ho risparmiato molto tempo che ho utilizzato altrove. Ho potuto dedicare più tempo alla mia famiglia e alle mie passioni: la bicicletta e la corsa.
  • Ho avuto la possibilità di gestire la mia giornata di lavoro in autonomia, previo avviso con i colleghi di reparto. Lavorando da casa, le piccole commissioni o qualche deroga all’orario non sono più state un problema: una pianificazione accurata della giornata allo Stand up e un confronto con i colleghi per poter coprire eventuali emergenze, mi hanno permesso di svolgere quelle attività in totale tranquillità
  • Ho ridotto il mio impatto sull’ambiente: i Km percorsi dalla mia auto sono stati sempre meno e, di conseguenza, anche questo piccolo cambiamento ha portato un apporto positivo

Dopo aver preso consapevolezza di tutto ciò che di buono si poteva fare, ho cercato di diventare meno “remote” e più “smart”.

Cosa significa? Ho ampliato i miei orizzonti e mi sono detto: “Perché devo lavorare solo da casa?”. Da buon ingegnere quale sono, il modo migliore per permettermi di capire se la situazione fosse sostenibile o meno, era una prova pratica sul campo. Nel corso dell’estate ho quindi lavorato sia dal mare che dalla montagna: in entrambi i casi ho avuto riscontri molto positivi: basta avere una buona organizzazione e tenere conto che, pur trovandosi in ambienti diversi dal solito, quando si lavora…si lavora! Questa nuova realtà da me sperimentata, mi ha quindi permesso di poter allungare i miei periodi di soggiorno pur lavorando: tutto quello di cui avevo bisogno era una postazione sicura dove poter appoggiare il mio pc, le mie cuffie antirumore e una connessione ad Internet. Una volta terminata la mia giornata lavorativa, a quel punto, mi trovavo immerso nelle montagne o a pochi passi dalla spiaggia…Se non l’avete mai provato devo dirvi che ne vale veramente la pena!

Visto che anche la maggior parte dei miei colleghi ha avuto delle esperienze positive con questa nuova gestione del lavoro, l’agenzia ha deciso quindi di proseguire in questa transizione, pur mantenendo un occhio alla situazione esterna e cercando di capire come organizzare la riapertura in sicurezza.

Settembre 2020

Al termine dell’estate, più matura e consapevole dei grandi passi fatti verso la via del “remote”, Evoluzione ha riaperto ufficialmente anche le porte dell’ufficio inaugurando una nuova gestione ibrida.

Ci siamo accorti che, pur essendo certi che la strada da seguire è quella di un’agenzia che ragiona come se fosse “remota”, il piacere e la necessità di vedere i colleghi anche dal vivo era qualcosa a cui non eravamo disposti a rinunciare completamente: le esperienze condivise in passato erano troppe, così come la voglia di trovarci insieme almeno per la giornata di lavoro. Abbiamo quindi deciso di fissare un paio di giorni di presenza in ufficio (nel rispetto delle normative vigenti e del distanziamento sociale) e gestire liberamente gli altri giorni della settimana. Abbiamo quindi organizzato i giorni in Evoluzione in modo tale che ogni reparto potesse essere fisicamente in ufficio al completo almeno una volta alla settimana: in questo modo è possibile dedicare la giornata, se necessario, a tutte quelle attività che acquisterebbero maggior valore se svolte in presenza.

Come avete potuto leggere, la strada da noi percorsa è stata lunga, tortuosa e non priva di difficoltà. In un anno e mezzo abbiamo fatto veramente dei passi incredibili: sono davvero soddisfatto di come abbiamo reagito a questa situazione di disagio decidendo, consapevolmente, di trasformarla in quell’opportunità di cambiamento che stavamo aspettando ma (forse?) non avevamo il coraggio di iniziare.

Non siamo ancora arrivati alla vetta (e non so se ci arriveremo mai, si può sempre fare meglio!) ma sicuramente il sentiero da seguire passa da qua.

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